La storia scritta con arte

Qualcosa di più e di altro da un libro. Il Regno di Napoli di Aurelio Musi (Omnia Arte), presentato ieri alla Società Napoletana di Storia patria, è infatti, come la definisce il suo autore, una vera espressione dell’ars, dove con il termine di ars si intende «tecniche, procedure, regole, ma anche intelligenza, invenzione, capacità di immaginazione».
Un’opera di artigianato, dunque, e un libro, per bibliofili, come sottolineato dal direttore della Biblioteca Nazionale di Napoli Mauro Giancaspro, che ha presentato il volume insieme all’ autore, docente di Storia dell’Università di Salerno, all’editore Luciano Passalacqua e alla storica Renata De Lorenzo. Uno di quei libri che va guardato, toccato, e perfino annusato. Realizzato interamente a mano, stampato in 2499 esemplari numerati, in formato 30×40, rilegato in pelle, con otto pagine acquerellate a mano che riproducono gli stemmi delle case regnanti, e con circa duecento immagini, Il Regno di Napoli è stato pensato come un libro che duri nel tempo, da trasmettere di generazione in generazione: per questo, le ultime pagine del volume sono  riservate a un personale «archivio di famiglia», con spazi bianchi incorniciati, quasi a voler coniugare la microstoria con i grandi eventi! “Non mi sento l’autore di questo libro – ha detto Musi – ma piuttosto un soggetto tra altri soggetti che hanno contribuito alla realizzazione di questo straordinario prodotto, che difficilmente si può raccontare, ma va piuttosto percepito coni sensi».

Musi ha messo in evidenza soprattutto il valore iconografico del volume, laddove le immagini – riproduzioni di dipinti, piante, acqueforti e incisioni, tratte da manoscritti e volumi conservati nella Biblioteca Nazionale di Napoli – raccontano un’altra storia, quasi autonoma da quella del testo scritto. Un testo che ricostruisce in senso cronologico la storia del Regno di Napoli, dalla monarchia normanno-sveva all’Unità d’Italia, rivelando i suoi debiti con la lezione fondamentale di Benedetto Croce e gli studi di Giuseppe Galasso, e con un leit-motiv che lega i singoli capitoli: l’idea, cioè, che in Italia, prima dell’Unità, è esistita un Unica “nazione regnum” che è stata appunto il Regno di Napoli. Tra gli obiettivi del libro, per esplicita ammissione dell’autore, c’è quello di smontare alcuni dei più diffusi luoghi comuni legati alla storia del Regno di Napoli. il presunto influsso negativo delle dinastie straniere, ad esempio, che avrebbero invece inserito il Mezzogiorno in un quadro di integrazione con la vita europea.

O il luogo comune del Mezzogiorno inteso come «palla al piede dello sviluppo economico italiano», smentito dai dati, che evidenziano invece «il contributo rilevantissimo dato dal Meridione in termini di uomini e beni allo sviluppo italiano». O ancora il mito della «nostalgia del Regno», definito da Musi, “Un mito difensivo”: “Abbiamo pagato un prezzo enorme con l ‘Unità – ha concluso l’autore – ma è stato necessario e inevitabile, perché senza l’Unità il Mezzogiorno, con i suoi meccanismi economici protezionistici, non sarebbe mai potuto entrare in Europa »

Fabrizio Coscia



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